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venerdì 21 settembre 2012

I nuovi Goti:l'opera che non può essere più rappresentata

La città dello Stretto, Messina, fu luogo, di uno di quegli incroci del destino,che spesso acuiscono la fantasia dell'animo umano. Tralasciate qui, le note leggende, di Re Teodorico e della Fata Morgana, che hanno per teatro proprio lo Stretto. Pochi sanno, che il libretto della tragedia operistica "I Goti" originariamente intitolata "Amalasunta" si deve al messinese Stefano Interdonato, mentre la partitura ( ad oggi ineseguibile, perchè alcune parti sono andate perse) si deve al compositore di Bergantino, Stefano Gobatti, cittadino pontificio, e genio precoce della composizione musicale, cui l'infelice invidia dei colleghi e degli impresarii stroncarono la carriera e causarono il prematuro declino. Infatti, il Gobatti fu l'oggetto di invidie, che al giorno d'ooggi, non possono essere comprese, se non tentando un dissacrante paragone con la musica pop. Il trionfo dei "Goti" fu tale, da arrecargli stima e tributo universale. Il Comune di Bologna, conferì al compositore la cittadinanza onoraria, già concessa a Verdi e Wagner.Le tormentate vicende del Gobatti, fanno si, che il suo capolavoro sia stato rappresentato per l'ultima  volta nella città natale del librettista Interdonato, Messina. Infatti l'opera venne eseguita l'ultima volta, in Messina al Regio Teatro Vittorio Emanuele II, l'11.02.1899, nella versione riveduta dal Gobatti ( cfr i nuovi Goti, epistilario Gobatti-Ricordi, circa 37 lettere) diretti dal maestro Alfredo Martini, con Emma Angelici interptrete di Amalasunta, Giuseppe Villalta, ed Andrea Didur. Probabilmente sul giudizio negativo di Ricordi, pesò il giudizio di Giuseppe Verdi :   
"Due sole
volte siamo andati al Teatro. Una per sentire i
Promessi Sposi di Ponchielli, un’altra per sentire I Goti!! Inter nos,
queste due opere sono due meschinissime cose, malgrado i grandi successi ottenuti. La prima è un pasticcio di due
epoche, in cui la musica è sempre più vecchia dell’epoca in cui fu scritta. Quindi non iniziativa, non individualità!
Ma è opera scritta da uno che sa di musica.
I Goti no…Sono scritti da uno che non sa nulla di musica né di poesia.
Cosa farà questo giovine? Chi lo sa!… Se non studierà, Egli potrà avere le migliori idee del mondo, ma non gli
serviranno a nulla, perché gli manca assolutamente la lingua per esprimerle. Ogni profezia su di lui in bene come in
male è impossibile!”( cfr Carteggi Verdiani a cura di Alessandro Luzio, Volume III,Roma, Reale Accademia d'italia, Studii e documenti, 1935,pp 101).
Morì dimenticato dopo l'ultima, rappresentazione dei suoi Goti, nella nuova partitura (ormai irricostruibile) dopo 25 anni di ritiro in un convento. La lapide presso la Certosa felsinea reca scritto:" 
“A STEFANO
GOBATTI / CHE PRIMAMENTE NEL NOSTRO MAGGIOR TEATRO / RIVELÒ IL SUO GENIO
MUSICALE / COLL’OPERA I GOTI / IL CONSIGLIO DEL COMUNE / CON DECRETO DEL 19 DIC.
1873 / DIEDE LA CITTADINANZA BOLOGNESE / E QUARANT’ANNI APPRESSO / PER TRIBUTO
D’ONORE ALLA SUA MEMORIA / QUESTO SEPOLCRO”.
Quello, che in quegli anni dimenticati, fu uno dei più clamorosi successi del melodramma, fu dedicato dall'autore al padre:"

A Giuseppe Gobatti mio padre adorato quest’opera primo frutto de’ giovanili
miei studi segno di eterno affetto riconoscente consacro. - Rappresentata per la prima volta al Teatro
Comunale di Bologna la sera del 30 Novembre 1873"

      

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